E’ uscito il primo ottobre, il primo libro di Paolo Bonolis “Perchè parlavo da solo”, edizione Rizzoli. Un tesoro intimo, così lo chiama, meditato e prezioso, da consegnare ai suoi figli, a tutti coloro che nel tempo lo hanno apprezzato o anche criticato, scrive.
Una meravigliosa sorpresa – scriviamo noi – è stato scoprire che di questo libro così importante per lui, un intero capitolo dal titolo “Special Olympics e il loro sorriso” è interamente dedicato all’esperienza che Bonolis ha vissuto seguendo il percorso di sua figlia Silvia che, come tradizione familiare del resto, ama fare sport ed è oggi un’atleta Special Olympics. Partecipando alle gare di atletica, sia regionali che nazionali, senza luci da palcoscenico, da genitore, da spettatore ha vissuto tante emozioni e riflessioni sul Movimento, sui familiari, sugli atleti, sui valori che questi ultimi sono in grado di offrire agli altri.
Sono cose che provano e pensano tutti i papà degli atleti Special Olympics. Paolo, il papà di Silvia, ha saputo metterle su carta, nero su bianco, scriverle in modo meraviglioso.
Tratto da un’intervista apparsa sul Corriere della Sera
«I medici ci avevano parlato di grandi difficoltà, confermate da varie tac e risonanze magnetiche. Ma quel giorno in terapia intensiva, incrociando lo sguardo di mia figlia, ho capito. “La bambina c’è”, ho detto a mia moglie. Quel modo di guardare non era di un cervello compromesso, un cervello compromesso non guarda così. Se mi spostavo, i suoi occhi mi seguivano».
Gli occhi di sua figlia.
«Presenti, vivi. Celesti».
In che modo si affrontano momenti del genere?
«Silvia ha avuto vicino noi, e tante altre persone, ma il più lo ha fatto da sola. A pochi mesi ha attraversato qualcosa a cui un adulto non sarebbe sopravvissuto».
Di recente l’ha accompagnata alle Special Olympics.
«In linea con la tradizione di famiglia, Silvia ama lo sport. Così siamo andati a Montecatini Terme, lei doveva correre i dieci metri piani».
Risultato?
«Medaglia d’oro. Per amore di verità: sullo sparo di partenza l’altra si è spaventata, e non ha corso. Erano in due».
Ricordo di quelle giornate?
«Silvia ha un problema al braccio sinistro: per una distonia, se viene toccato, le provoca spasmi in tutto il corpo. Non è una cosa che diciamo a tutti, se non agli assistenti. Ebbene, in quei giorni a Montecatini è stata circondata da centinaia di ragazzi disabili, chi con un problema, chi con un altro, e non ce n’è stato uno che l’abbia presa per il braccio sinistro. Loro lo sanno, è un istinto. Sentono quello che noi non siamo capaci di sentire».