Le dichiarazioni di Loretta Claiborne

Loretta Claiborne


Sono nata con una disabilità intellettiva ed alcuni problemi alla vista. Quando ero in casa con la mia famiglia, eravamo anche a tavola tra di noi, i miei fratelli parlavano e poi quando anche io volevo parlare mia madre diceva: “Loretta è nel suo mondo”.

Nel mio quartiere non ero mai inclusa nelle attività che si svolgevano, tra cui lo sport. L’inclusione è importante attraverso il gioco e lo è ancor di più includere i bambini, non escluderli, perché anche i bambini hanno pregiudizi.
Crescendo, le persone mi guardavano come se fossi diversa anche se io fisicamente ero molto forte; se mi vedeste camminare per strada non sapreste al primo sguardo che sono una persona con disabilità intellettiva. Vorrei portarvi indietro al 1968 quando una donna, Eunice Kennedy Shriver, ha dato vita ad un programma, che oggi è diventato un movimento. Era un momento difficile per il nostro Paese, gli Stati Uniti d’America, Eunice aveva appena perso suo fratello che era candidato alle elezioni presidenziali e nello stesso anno Martin Luther King è stato assassinato. Anche se il nostro paese stava lottando per i diritti civili, le persone di colore non erano accettate, erano totalmente escluse ma io sentivo che quello non era il mio problema, che c’era qualcosa di più per me.

Ci ho messo molto a capire che il mio problema era la disabilità intellettiva; ho cominciato a vivere con tanta rabbia, sempre con i pugni chiusi.

Quattro anni più tardi ho partecipato ai miei primi Giochi Special Olympics, a Los Angeles, ma provavo ancora molta rabbia; nel momento in cui ho incominciato ad acquisire una maggiore sicurezza in me stessa ho dato vita anche ad un movimento per le donne. In quel tempo venne lanciato un programma nelle scuole superiore per l’atletica e quando mi proposi mi fu detto che non sarei stata accettata; quando ci sono tornata mi sono resa conto di quanto la situazione era cambiata, di quanto l’impegno di una singola persona, come Eunice Kennedy Shriver, possa fare per creare un cambiamento. Il lavoro di una persona che ha lottato nonostante la società, nonostante il mondo dicesse che una persona come me non potesse stare sui campi da gioco, nelle scuole, nei luoghi pubblici.
Se mi guardo indietro penso a come è cambiata la mia vita, a quanto può essere importante lo sport come mezzo di inclusione per tutti; quando sono su un campo da gioco ad inseguire un pallone non penso a come devo pensare penso solo ad inseguire il pallone, a quanto devo correre.

Eunice Kennedy Shriver aveva capito qualcosa che a quel tempo la società ancora stentava a capire; quando si insegna ai bambini lo sport, fin dalle prime fase della scuola fino ad arrivare all’università, si insegna alle persone ad abbattere le barriere, ad includere, a cercare di mostrare al mondo cosa si sa fare superando le proprie difficoltà.

Mi rivolgo proprio ai giovani; non potete sapere cosa il futuro ha in serbo per voi, se avrete vicino persone con disabilità; ma attraverso lo sport potrete imparare delle lezioni che saranno utili per la vostra vita. Spero che coglierete questa opportunità nel vostro paese, in Italia, e spero che tutti voi comprendiate che tutti noi abbiamo diritto di giocare, di fare sport, di lavorare e di vivere una vita piena; tutti abbiamo qualcosa da offrire a questo mondo attraverso l’inclusione”.

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