Atleti si nasce e si diventa

I bambini sono pagine bianche, non hanno ancora costruito attorno a sé muri fatti di mattoni duri quanto il pregiudizio o l’intolleranza. I bambini sono aperti al mondo; se messi nelle condizioni ideali, pronti ad esplorarlo con una spontaneità disarmante.
Che lo sport poi faccia bene a tutti, giovani e adulti con e senza disabilità intellettiva, è ormai assodato, non solo in riferimento al benessere psico-fisico individuale che ne consegue, ma anche in termini di socialità, di apertura all’altro. E’ attraverso l’attività motoria, lo sport come il gioco condiviso che si possono scrivere, su queste pagine bianche, meravigliose storie di amicizia. L’inchiostro traccia un percorso che, ancor di più quando ciò avviene in tenera età, lascia un segno indelebile contribuendo a costruire il proprio futuro.

Special Olympics ha fatto propria questa convinzione coinvolgendo nella sua attività atleti di ogni età, adulti ma anche giovani e giovanissimi. Si può partecipare alle attività sportive tradizionali (solo per persone con disabilità intellettive) e unificate (persone con e senza disabilità intellettive giocano insieme) in qualità di atleta a partire dagli otto anni di età, ma fin dalla nascita di un bambino con disabilità intellettiva Special Olympics offre sostegno alle famiglie e alla scuola materna ed elementare che lo accoglierà. Lo fa attraverso un programma di gioco specifico: lo Young Athletes Program, adatto, dal punto di vista della psicologia evolutiva, ai bambini con disabilità intellettiva dai 2 fino ai 7 anni d’età.
Lo Young Athletes introduce i bambini con disabilità intellettiva e le loro famiglie nel mondo di Special Olympics con l’intento di accrescere la consapevolezza sulle loro potenzialità e capacità incoraggiando e promuovendo la partecipazione integrata di coetanei in eventi dimostrativi.
E’ ciò che è accaduto per esempio lo scorso 30 maggio al Palaiaia di Palestrina in un evento della Special Olympics European Football Week che quest’anno ha voluto porre particolare attenzione allo sviluppo del calcio unificato under 12.

L’evento
Nella giornata si sono svolte due dimostrazioni di calcio unificato e YAP (Young Athletes Program).
Protagonista per lo YAP è stata la scuola d’infanzia Karol Wojtyla con la collaborazione degli studenti del Liceo Eliano Luzzatti e la loro insegnante di scienze motorie Silvia Merni, responsabile del progetto su Roma. L’evento si è svolto a conclusione di un percorso formativo in cui gli studenti hanno lavorato costantemente instaurando un rapporto con questi piccoli atleti, uno ad uno.
Le insegnanti, ancor prima, hanno preso parte ad un corso di formazione per la scuola organizzato da Special Olympics Italia. Si è cercato inoltre di coinvolgere maggiormente i genitori condividendo gli obiettivi del progetto; stimolando una maggiore partecipazione in tutte le persone coinvolte.
La manifestazione ha avuto inizio con la sfilata di tutte le scuole, i più piccoli si sono poi cimentati in percorsi specifici strutturati per l’avviamento all’attività sportiva e a seguire si sono disputati dei mini tornei di calcio unificato tra studenti di scuole medie e superiori. Nonostante il grande numero dei partecipanti ed i turni da rispettare per i vari ordini delle scuole, il tutto si è svolto in modo ordinato, gioioso, integrato, con grande entusiasmo ed emozione da parte di tutti.
Palestrina si è dimostrata all’altezza di un grande obiettivo quale è la piena inclusione, lo ha dimostrato dando l’opportunità alle scuole del territorio di sperimentare un’ attività che va avanti da più di dieci anni, “Credo che si possa dire che al Palaiaia nessuno è rimasto al bordo campo a guardare” Ha affermato Silvia Merni a margine dell’evento.

A Gemma
“Era Primavera e c’era un bellissimo sole quel giorno in cui, due anni fa, ho incontrato casualmente una mia ex-alunna, Giada, del liceo classico Eliano di Palestrina. Passeggiava insieme al marito, Gianluca, il figlio più grande e l’ultima nata, Gemma, di un anno e mezzo, seduta sul passeggino. Dopo abbracci e saluti di rito propri di chi si rincontra a distanza di tanto tempo, Giada indirizza la mia attenzione sulla bambina dicendomi: “Gemma, mi figlia, sarà una sua futura atleta Special Olympics”. In un primo momento rimango senza parole, colpita e affondata dalla sorpresa, non mi ero accorta che la bambina, bellissima, avesse gli occhi a mandorla e la Sindrome di Down. Giada continua dicendomi: “Quando all’ospedale ho saputo del problema della bambina ho pensato subito a lei prof…” Nella mia mente è passata una tempesta di pensieri: sono più di trent’anni che svolgo attività di volontariato con persone con disabilità, da circa 13 sono con Special Olympics, e non ho mai smesso di incoraggiare i miei alunni a vedere la disabilità intellettiva con occhi diversi, come una risorsa perché ci credo e perché seguo sempre il mio cuore, che è anche quello di madre di una bambina che non c’è più a causa di una gravissima disabilità. Nonostante ciò non mi sentivo molto preparata a questo incontro con una ex alunna-diventata mamma di una bambina con disabilita intellettiva. Per un attimo ho avuto un senso di smarrimento, forse di dispiacere?! Ma poi ha prevalso un altro sentimento molto più bello: di felicità perché Giada, in un momento difficile, forse il più triste della sua vita, aveva avuto uno spiraglio di speranza e glielo aveva dato Special Olympics attraverso la sua scuola. L’ abbraccio forte, le sorrido con gli occhi pieni di commozione, mi congratulo per la bellissima figlia e comincio a parlare del programma YAP di Special Olympics invitandola a partecipare ad una Convention che si sarebbe tenuta a Roma di lì a poco.
E così é stato; tutta la famiglia ha partecipato a questo evento, dove fra una mare di lacrime, di grande emozione, è stata presentata per la prima volta.
Martedi 30 maggio 2017 Gemma ha fatto i suoi primi passi con Special Olympics, in realtà l’evento era dedicato a lei. La strada da percorrere è ancora lunga, non mancheranno salite e i sentieri tortuosi ma si cammina insieme, per questo si arriverà lontano. Gemma forse non lo sa ancora, ma i suoi genitori si, sono sereni e consapevoli. Un punto di partenza può essere già una vittoria? La risposta è si.

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