Jessica Motta – racconta la mamma Paola – è nata a Vizzolo Predabissi l’11 Luglio del 1990 ma io e suo padre non eravamo con lei, anzi, non c’eravamo nemmeno ancora conosciuti. Ci saremmo conosciuti solo più tardi, quando Jessica aveva già quattro anni e viveva con i genitori naturali e la sorella minore dentro ad un vortice di difficoltà di varia natura che li risucchiava tutti in un abisso sempre più profondo. Lei c’era già anche quando io e mio marito Sergio ci siamo sposati, nel 97, ma era in un istituto di religiose e noi non sapevamo nemmeno che esistesse.
L’incontro con Jessica
“L’abbiamo conosciuta nel 1998, quando aveva già otto anni ed, insieme alla sorellina di quattro, Desireè, è stata collocata presso la casa famiglia gestita da mia sorella Cinzia e da mio cognato. Jessica aveva evidenti difficoltà cognitive: importanti limiti linguistici, nessun gioco di ruolo, enuresi notturna e a volte diurna, nessuna cognizione temporale o spaziale, conosceva i numeri sino al 10 come una sorta di cantilena ma senza nessuna capacità operativa. Non leggeva, non scriveva, disegnava scarabocchi, non era in grado di vestirsi, di infilarsi o allacciarsi le scarpe o i bottoni nè di stare a tavola correttamente; aveva ancora un concetto animistico degli oggetti come avviene nei bambini di pochi anni e un comportamento a tratti autistico. I suoi limiti cognitivi rendevano, evidentemente, ancora più difficile una minima elaborazione delle vicende famigliari e di quello che le stava succedendo”.
La nuova famiglia
“Durante i due anni trascorsi nella casa famiglia i tentativi, da parte del Tribunale dei Minorenni, di cercare una famiglia adottiva che accogliesse entrambe le sorelline si sono rivelati vani e si era arrivati ad ipotizzare la loro separazione con la quasi certa adozione di Desy e il collocamento in un istituto per Jessica. L’ipotesi dell’adozione da parte mia e di mio marito è venuta dalle bambine stesse che, frequentandoci nelle varie occasioni durante le quali io e mio marito trascorrevamo del tempo a casa di mia sorella, si sono affezionate a noi come noi a loro e hanno espresso, a noi e al giudice che seguiva il loro caso, il desiderio che noi diventassimo i loro genitori. Trattandosi di un’adozione speciale, nella quale predominava l’interesse delle minori, l’iter si concluse nel giro di un mese e il 29 Giugno del 2000 Jessica e Desy vennero a vivere da noi”.
La diagnosi
“Dopo averle adottate abbiamo aspettato circa un anno prima di iniziare le indagini diagnostiche e i test cognitivi su Jessica ritenendo fosse utile, principalmente, lasciare che lei cominciasse a “sentirsi a casa”, che il disordine della sfera emotiva lasciasse un pò di spazio per poter iniziare qualunque tipo di intervento. Gli esami medici, genetici e psicologici non rivelarono alcun danno organico e la diagnosi fu di “arresto dello sviluppo all’età di circa 3 anni per grave deprivazione affettiva” Un’associazione di Verona, “Agor”, ci ha dato un validissimo aiuto per stabilire i deficit di Jessica e iniziare la riabilitazione per recuperare molte di quelle funzioni che si erano come arrestate ma che avrebbero potuto migliorare. Consigli, stratagemmi, esercizi, ginnastica visiva, psicomotricità, lettura con il metodo globale, sveglie notturne per risolvere l’enuresi, tanta pazienza e tanti sforzi da parte di Jessica sono stati decisivi per enormi progressi”.
Una nuova vita
“Jessica oggi ha ventott’anni e se non fosse per la difficoltà di trovare un lavoro e di avere, di conseguenza, l’indipendenza economica potrebbe, anche se con una supervisione, vivere autonomamente. Cura la sua persona, si cucina, sa operare con gli euro, si muove sui mezzi pubblici tranquillamente ma ha anche la patente per la guida della microcar, si orienta bene sul piano spaziotemporale, segue i social e le attività che la interessano, va a cavallo da circa diciott’anni, a nuoto e a pallavolo ma, se fosse per lei, si iscriverebbe ad altri 20 sport e corsi di ogni tipo, affronta, infatti, con entusiasmo le situazioni nuove. Ha passato circa 14 anni negli scout e ritengo che questa sia stata un’esperienza che, insieme allo sport, le è servita tantissimo nel farla sentire forte, consapevole delle sue potenzialità, accolta e mai diversa. La squadriglia negli scout, la classe a scuola e la squadra nello sport la fanno sentire parte di un gruppo con il quale condividere emozioni, sogni e difficoltà. Il suo carattere socievole, allegro, entusiasta e privo di ogni tipo di cattiveria l’ha, probabilmente, preservata da episodi di discriminazione che, magari, ha anche subito ma nella sua purezza non ha neppure colto e di conseguenza riportato a noi”.
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Nuove opportunità
“Jessica è stata convocata, nella pallavolo unificata, per i Giochi Mondiali di Abu Dhabi, in programma dal 14 al 21 marzo. Le abbiamo comunicato la notizia una sera a cena con sua sorella che ci filmava per riprendere la sua reazione che è stata di grande gioia anche se non sapeva nemmeno dove fosse Abu Dhabi e quanto tempo dovesse ancora passare prima di partire o cosa l’aspetti là. L’aspetto che l’ha invece rattristata di questa notizia è stato il fatto che non poteva condividere l’esperienza con il resto della squadra del Team Special Olympics “Volley Agrate” con il quale si allena durante l’anno. Io, mio marito e sua sorella e la nostra famiglia allargata di parenti ed affini abbiamo vissuto l’avvenimento con un misto di incredulità, orgoglio, commozione e felicità, con mia mamma di ottant’anni che piangeva e mia sorella Cinzia che ripeteva: “La vita è proprio imprevedibile”; ed è proprio così!” Lo sport ha aiutato non solo lei ma anche noi che l’abbiamo usato a volte come arma di ricatto per spronarla a fare cose che, a volte, non aveva voglia di fare. Ancora oggi se voglio ottenere da lei qualcosa che non vuole fare mi basta dire: “Ok, allora non vai a pallavolo!” e subito la sua opposizione svanisce. A livello lavorativo il suo impegno, attualmente, è quello delle pulizie domestiche nella nostra abitazione, che è una casa molto grande, cura del giardino, baby sitter al nipotino di tre anni, svolgimento di commissioni varie come lavanderia, posta, spesa, etc. Per il suo lavoro viene retribuita e in questo modo riesce a pagarsi le sue spese e ad accantonare dei risparmi, è bella tirchia! Ma più del denaro la ricompensa la sensazione di sentirsi utile e avere un ruolo”.
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Una vita piena
“Se, a me e a mio marito, quando abbiamo deciso di adottare Jessica, avessero detto che avrebbe raggiunto mete così importanti non solo nello sport ma anche nella vita non ci avremmo mai creduto. Special Olympics Italia ha attivato la campagna di raccolta fondi “Adotta Un Campione” al fine di sostenere i costi della trasferta della delegazione italiana, composta da 115 atleti, che andrà ad Abu Dhabi per i Giochi Mondiali. Beh, che altro dire, noi un campione, anzi una campionessa l’abbiamo già adottata! E che campionessa! Ad una mamma e ad un papà che si trovano ad affrontare le prime difficoltà per la nascita di un figlio con disabilità intellettive ci sentiamo di dire che aiutare un figlio a crescere è, a prescindere, un viaggio di cui non si conosce ne il percorso ne la destinazione ma che, forse, non avere una meta è il modo più bello di viaggiare. Vorremmo anche andare oltre. Se questo nostro scritto potesse raggiungere anche solo una coppia che decidesse di adottare un bambino o una bambina con qualunque tipo di disabilità ne saremmo felici e non solo per il bambino stesso ma per aver reso due esistenze senz’altro più piene”.