Era il suo sogno nel cassetto, oggi il cassetto è aperto
LA FAMIGLIA DI PAOLO E GLI ALTRI
“La vita è strana – racconta Annamarta Piccirillo, la mamma di Paolo – a volte ti ruba e a volte ti dona. Ventidue anni fa non ho potuto gioire della maternità tanto attesa. Era il 9 ottobre 1996, quando ho messo al mondo due gemelli: Luigi e Paolo.
“Dottore, ma Paolo è nato con la Sindrome di Down?”
Il medico: “Non si preoccupi, non presenta alcun segno, va tutto bene”.
Paolo è nato con la Sindrome di Down, la triste domanda di una madre ad un medico forse un po’ “distratto”, qualche giorno dopo, ha avuto la conferma ufficiale e sanitaria.
Il timore più forte, da quel giorno in poi, è stato il “dopo di noi” che ci ha inseguito per anni; come uscire fuori da un tunnel senza vedere la luce? Come spiegare al resto del mondo che tu eri semplicemente Paolo? Avresti avuto, insieme a Luigi, tutto l’affetto in famiglia, il problema non eri tu, non lo sei mai stato, lo erano, se mai, gli altri.
Così cominciò l’avventura tra mille difficoltà ed impegni, gestire due bambini della stessa età, ma diversi, non è stato facile. Soprattutto non è stato facile gestire Luigi perché, paradossalmente, il bambino più vulnerabile era proprio lui, Luigi.
Paolo, se oggi é quello che é, lo deve soprattutto al fratello che é stato uno stimolo fin dai primi giorni.
Oggi, a distanza di ventidue anni, possiamo fare un piccolo bilancio della nostra vita, trascorsa in compagnia della trisomia 21.
“Il legame che si crea tra due fratelli è in genere molto forte – racconta Luigi – quando la vita ti fa crescere insieme ad un fratello che è nato nel tuo stesso giorno, il legame, se possibile, è ancora più intenso. Io e Paolo siamo fratelli gemelli eterozigoti. Il nostro rapporto, a dire il vero, è stato condizionato molto dal mio atteggiamento mutevole.
Chiaramente non ho subito compreso che Paolo avesse un cromosoma in più, per me era semplicemente mio fratello e mi relazionavo a lui in modo spontaneo, mi aspettavo facesse cose normali. La conoscenza della Sindrome di Down è stata lenta e graduale. Quando ho cominciato a capire le sue prime difficoltà, ho maturato in me due atteggiamenti diversi, entrambi assolutamente poco utili rispetto a ciò che volevo ottenere, da lui e dal resto del mondo. Se da un lato, infatti, quando eravamo soli, cercavo di spronarlo, anche arrabbiandomi duramente con lui, per tentare di farlo migliorare, dall’altro, quando ci trovavamo in un contesto comune con altri coetanei, ecco che dilagava in me un senso di profonda protezione.
Lui aveva le sue difficoltà, io le mie. Persino il giorno del nostro compleanno, desideravo fosse dedicato solamente a lui. Annullavo me stesso continuamente, nel bene e nel male.
Accadeva anche per non esporre mio fratello al giudizio degli altri. Ricordo che a scuola, sin dall’asilo, hanno dovuto separarci, assegnandoci a classi diverse, perchè ero troppo concentrato ad aiutarlo a fare le cose. Inconsciamente, me ne rendo conto ora, desideravo nascondere il più possibile le sue difficoltà.
Paolo, dal canto suo, avrebbe vissuto tutto in modo del tutto spontaneo e naturale, sicuramente più sereno di quanto sia riuscito a fare io.
Oggi il nostro rapporto è cambiato, in meglio. Abbiamo caratteri diversi che manteniamo naturalmente, ma il nostro legame, così particolare, lo ritroviamo nella passione comune per lo sport; dal nuoto al tennis, dal rugby alla pallacanestro…alle gare automobilistiche”.
LA PASSIONE DI PAOLO: LO SPORT
“A tre anni Paolo nuotava – continua mamma Annamarta – a sette correva in una società di atletica, nonostante tre interventi al piede, torto dalla nascita. A otto ha iniziato a fare canestri giocando in una squadra cittadina di basket. Cosa dire: questa è la trisomia 21 di Paolo nello sport! Una passione incontenibile.
Ha giocato a basket, per 10 anni consecutivi, in una società sportiva dove è stato accolto dagli allenatori e dai suoi coetanei: giocava e si divertiva, fino a quando, a 18 anni sono iniziate le prime difficoltà perché le competizioni non erano più equilibrate. Nonostante la sua forza d’animo, la diversità rispetto agli altri atleti non ha giovato a suo favore. Ha avuto un rallentamento, quasi un disamore per questo sport, fino a quando non è avvenuto l’incontro con Special Olympics. Ecco che si percepisce subito in lui nuovo vigore ed impegno per vivere appieno la sua competizione sportiva. Apporto fondamentale, in questo cammino, hanno avuto i Partners, atleti senza disabilità intellettiva al suo fianco, che, con impegno e dedizione, sono riusciti a coinvolgerlo stimolando la sua innata natura di atleta.
L’amicizia è una parola antica, densa di significati, difficile da coltivare, in un mondo che teme la diversità. Forse solo lo sport, ma vogliamo sperare e credere che non sia solo così, è in grado di accorciare le distanze, di certo Special Olympics ci riesce.
Matteo Gioia è l’atleta partner che più ha condiviso con Paolo l’esperienza sportiva, sia durante gli allenamenti in palestra, sia durante gli eventi Special Olympics. Ma l’esperienza condivisa dai due non si è limitata al momento sportivo. Entrambi, insieme, hanno rappresentato l’Italia al
“Generation Unified Summit” svoltosi in occasione dei Giochi Mondiali Invernali Special Olympics in Austria. In qualità di Giovani Leader, hanno portato la propria esperienza in un contesto internazionale. Era il 2016, all’epoca Paolo appariva emozionato, felice e molto concentrato nel riuscire a dare una ottima impressione nel suo ruolo di portavoce del Movimento per l’Italia e per la sua regione, l’Abruzzo. Ci ha tenuto tantissimo – racconta la mamma – felice di aver avuto l’opportunità di partecipare ad un evento mondiale anche se non nei panni di atleta convocato nella delegazione italiana. Questo era, e lo è tuttora, un sogno che ha mantenuto chiuso nel suo “cassetto” fiducioso che, prima o poi, anche lui avrebbe avuto l’onore di indossare la maglia azzurra di Special Olympics.
La sua tenacia, il suo impegno e la sua determinazione non sono passati inosservati, anzi sono stati premiati con l’arrivo del 2019, l’anno dei Giochi Mondiali Estivi Special Olympics ad Abu Dhabi. Paolo oggi è un atleta convocato nel Team Italia, parteciperà con tutte le sue forze nel basket unificato e ne va estremamente orgoglioso, la sua gioia è incontenibile e contagia chiunque lo conosca e conosca la sua storia.
Per suo fratello Luigi, per mamma Annamarta e per tutta la sua famiglia, Special Olympics è un’iniezione di fiducia che rinnova la speranza di un futuro migliore. “Quella paura del giudizio degli altri – dice Luigi- è ormai lontana”.