La storia di Luciano insegna a non arrendersi mai…

Luciano é nato il 26 marzo del 1966 – racconta la mamma- bello, occhi azzurri e tanti capelli

Sembrava tutto perfetto, non c’era alcun motivo apparente per credere il contrario.  Poi a due mesi e mezzo sono arrivati i primi problemi: è stato  ricoverato in pediatria a Parma, per un calo di peso considerevole. Era praticamente disidratato, rifiutava l’allattamento al seno ed ogni altra forma di nutrimento. Più avanti notammo un ritardo di parola e di motricità.

Fu preso in cura dal professor Faienza, in clinica pediatrica, lo seguì fino all’età scolastica. Proprio negli anni della scuola cominciò l’odissea: Luciano non era gradito dagli insegnanti, questo accadeva, per assurdo, mentre si integrava senza particolari difficoltà ai suoi compagni di classe con cui, tra l’altro, ancora mantiene buoni rapporti. 

Nello stesso periodo cominciarono i problemi anche in famiglia: A quel tempo Luciano aveva solo me, sua madre; il resto della famiglia, composta dal padre e due fratelli, non si occupava di lui. In pratica non ci si rendeva conto della necessità di dare a Luciano la possibilità di avere una vita il più possibile “normale”. La preoccupazione principale era quella di liquidare la questione con una pensione retributiva. Il prof. Faienza ci consigliò invece di cercare le condizioni giuste per permettere a Luciano di potersi esprimere e di alimentare le proprie potenzialità, perchè ne aveva. I miglioramenti ci furono, ma molto lenti.

Nel 1976 Luciano ed io lasciammo Felegara, una realtà piuttosto retrograda così com’era radicata nella tradizione che non contemplava la separazione, soprattutto quando ad avanzarla era una donna. Ci trasferimmo a Parma, ospitati a casa di uno dei miei fratelli. Il momento della separazione è sempre un trauma per tutti, uno strappo di cui certamente ha risentito anche Luciano.

La scuola

Tra tante peripezie riuscimmo ad inserirlo nella scuola a tempo pieno con l’aiuto di insegnanti preparati e disponibili. In questo percorso siamo stati guidati da Mario Tommasini che poi mi convinse a mandare Luciano in un centro estivo. Al seguente controllo autunnale il personale, i medici della pediatria e i docenti stentavano a riconoscere il piccolo Luciano. Il cambiamento in positivo era notevole. Una vera trasformazione.

Finite le elementari avvenne il passaggio, abbastanza turbolento, alle scuole medie. Ricevute le rassicurazioni della preside della scuola media Ferrari che non ci sarebbero stati problemi, tre giorni prima dell’inizio delle lezioni ci comunicarono che non c’era posto per Luciano poiché la classe era già troppo numerosa.

Cercammo di elemosinare un posto e finalmente fu inserito in una classe alla scuola media Antelami. Ci tenni a chiarire subito con la scuola che mio figlio non doveva godere di alcun trattamento di favore, anzi, doveva ricevere la stessa disciplina imposta agli altri suoi compagni. Il risultato fu evidente. Furono tre anni veramente proficui per Luciano ed in tutte le materie, fatta eccezione per la matematica. Fu allora che iniziò ad esprimere  una grande curiosità per un’infinità di cose. I rapporti con gli insegnanti e con i compagni erano più che ottimi. Luciano era per tutti già un valore aggiunto, non un peso.

Il lavoro

Dopo la scuola fu inserito, con il piano CEE, nel mondo del lavoro presso l’officina della nettezza urbana di Parma. Correva l’anno 1982, aveva sedici anni e già da tempo era appassionato di motori di qualsiasi genere. L’ambiente del lavoro e il personale dell’azienda furono determinanti per il suo sviluppo mentale e psicomotorio. Si sentiva impegnato, considerato fino al punto di accettare di partecipare alle partite di calcio con la squadra dell’azienda.

Nel 1992 Luciano si ammalò gravemente dimagrendo molto. Passò dal pesare 63 chili a 43. Visite specialistiche, le più disparate, gastroscopia, medicine varie non portarono a nulla. Subì quattro ricoveri sotto l’effetto del Lexotan. Fu dimesso senza una diagnosi, poi attraverso l’ufficio dei diritti del malato, rintracciammo il prof. Peracchia che curava le malattie dell’esofago al policlinico di Milano. Scoprimmo allora che era solo una lieve anomalia nel tratto gola/collo. Luciano riuscì a guarire con esercizi di logopedia e, dopo tre anni, fortunatamente tornò ad essere il nostro Lucio.
Nel frattempo era seguito dal Dott. Cesare Terzi dell’Unità metabolica della pediatria di Parma, dalla genetica (prof. Balestrazzi) e dal cardiologo, prof. Virdis.

Nel 1994 mi comunicarono la diagnosi di Luciano: Sindrome di Williams Breau. All’epoca aveva 28 anni. Si trattava di un ritardo psicomotorio.

L’inclusione attraverso lo sport

Dopo tanto cercare un’attività in cui Luciano potesse impegnare il suo tempo positivamente e insieme ad altre persone, incontrammo Remo Pattini, Presidente dell’Associazione Libertas Sanseverina. Fu allora che Luciano iniziò a fare attività sportiva e trasferte fuori casa.

In seguito l’associazione aderì a Special Olympics ampliando le opportunità per tutti.
Luciano diventò grande, maturò molto e lo vedemmo finalmente impegnato nello sport come il calcio, l’atletica, il nuoto…ma non solo.

Nel 2009 partecipò con il suo Team ai Giochi Europei di bocce a Lodi dove vinse la sua prima medaglia d’oro.

Vedendo Luciano così concentrato e assorto nella volontà di dare il meglio, di mettere in campo tutte le sue forze così come recita il Giuramento dell’atleta Special Olympics, mi sono resa conto di aver raggiunto, dopo tanto impegno, un importante obiettivo. Ero finalmente riuscita a mostrare al mondo le capacità di mio figlio, lui stesso ne aveva preso coscienza. Piansi di felicità.“Il traguardo è raggiunto anche per me!” mi dissi. Da allora Luciano fu tutto una sorpresa.

Oggi ha 52 anni e sono 36 che lavora alla nettezza urbana di Parma dove è considerato e ben voluto.Ovunque sia riesce ad emanare allegria. E’ appassionato di sport, musica, motori e ama gli animali e tutto ciò che ha da offrire la natura.

Vive in simbiosi con la musica, fa parte di un gruppo musicale di Parma: “Anni ‘60 e dintorni”. Ha il ritmo nel DNA e canta molto bene.

Vive con me e con mio marito Adriano che, ad oggi, risulta essere anche il suo tutore legale. Da anni Luciano lo considera il suo vero padre.

Per la mia esperienza di madre, credo che il supporto clinico, medico e soprattutto umano sia fondamentale e vada dato subito alla famiglia in modo che sia in grado di accogliere e crescere al meglio un bambino con disabilità intellettiva. E’ opportuno parlare,  informare in modo che non esistano più, in futuro, persone che provano vergogna nel convivere quotidianamente con questo genere di problemi.

Allo stesso modo, è’ importante aiutare le madri a non vivere nel senso di colpa, a non arrendersi a questa condizione, limitandosi ad ottenere la pensione per gli invalidi.

La verità è che la persona con disabilità ha diritto di vivere al meglio delle sue possibilità, così come chiunque altro. Se ci si convince di questa semplice asserzione e se si trova la forza di non arrendersi mai, nel corso della vita, spesso  si può  diventare improvvisamente spettatori di meravigliosi miracoli.

Un esempio?  Me ne viene in mente ancora uno realizzato attraverso lo sport. Luciano ha vestito la maglia azzurra ai Giochi Mondiali Special Olympics ad Abu Dhabi. Ha gareggiato nel tennistavolo  e nel doppio ha vinto la medaglia di bronzo. Potete immaginare la felicità?

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